Abbasso le politiche di rigore! l'unico modo di ricominciare a crescere è quello di aumentare il DEFICIT. ma i paesi forti dell'Europa non ce lo permetteranno MAI, allora l'unico modo di sopravvivere per noi e per tutto gli altri paesi considerati economicamente deboli è tornare a una MONETA NAZIONALE!

martedì 24 settembre 2013

a/simmetrie: L'Europa della resa dei conti - Roma il 12/09/13 (parte2 di 3)

...(continua)


Continuiamo a parlare della conferenza "L'Europa della resa dei conti", tenutasi a Roma il 12 di questo mese, con l'intervento del Prof. Claudio Borghi Aquilini, Docente di Economia degli Intermediari Finanziari presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, di cui a seguire posto il link dell'intervento integrale:


L'intervento del prof. Borghi è stato come al solito succinto, ma di spessore. Nel fare l'esempio dell'entrata di Cipro nell'U.E. ha ben chiarito tutte le anomalie di una visione del tutto univoca di quali sono i problemi dei paesi Europei e delle loro eventuali soluzioni. Rimando al video per l'ascolto completo di un esilarante documento dell'U.E., per salutare l'entrata di Cipro. Del resto, come ci ha ben riferito il Prof. Borgi, l'isola di Cipro è divisa in due, non c'è solo la parte che è entrata nell'Unione, ma anche la parte di Cipro del Nord, ufficialmente Repubblica Turca di Cipro del Nord, è una repubblica auto-proclamata e non riconosciuta dalla comunità internazionale che si estende nella zona settentrionale dell'isola di Cipro dal 1983, nelle zone controllate dall'esercito turco. operazione militare del 1974.Bene, a quanto pare quest parte dell'isola ha risentito molto meno della crisi economica, tanto che solo la parte dove è stata introdotta la moneta unica, ha subito la chiusura e relativo esproprio del conti correnti.
Le sconcertanti insensatezze, che circolano sull'eventuale uscita dalla moneta unica, ormai non sconvolgono più nessuno, o perlomeno non sconvolgono coloro che non si servono dei canali istituzionali di informazione, ma che spaziano sul web, il Prof. Borghi ne ha citate due o tre delle più frequentati, la benzina che aumenterebbe 70 volte 7 (magari ciò che sfugge a chi non segue la c.d. "controinformazione" è che dal 2011 le accise sulla benzina sono aumentate 7 volte e questa è una notizia confermata e queste rappresentano €. 1,05 circa sul prezzo totale, quindi più del 50%, a causa ovviamente dell'espropriazione del nostro paese della sua politica fiscale, ma questo ormai è storia), oppure che le materie prime cresceranno talmente di prezzo da costringere le aziende a compiere politiche di prezzo tali da uscire dal mercato (ai soliti sfugge che questo già accade a causa della moneta unica, che ci ci impedisce di fare svalutazioni competitive, inoltre visto che a causa del tetto di deficit imposto dall'UE ci hanno anche espropriato della politica fiscale nazionale, non possiamo neppure compensare con eventuali abbattimenti fiscali di accise o tasse sull'impresa o fare deficit, cosa che potremmo tranquillamente fare con una moneta nazionale), oppure il più conosciuto e rinomato, cioè che la crisi ha colpito i paesi con debito pubblico alto e su questo lascio parlare direttamente Borghi: "Ma se ha Cipro che ha 0 debito pubblico è successo quello che è successo, vi verrà il sospetto che il debito pubblico non conta nulla, dal punto di vista della genesi della crisi. Se il Giappone, con il 220-230 di PIL continua a fare le sue politiche, quelle che ci sono negate con qualche successo, evidentemente il problema non è nel debito pubblico. I paesi che hanno avuto maggiori problemi con la crisi sono stati quelli che avevano poco debito pubblico, Irlanda, non aveva debito pubblico, Grecia, Portogallo,Spagna. Fermiamoci su un dato, quando i cambi sono stati fissati nel 96-97, il debito PIL italiano era 120, nel 2012 era comunque 120, nel 97 il debito PIL della Germania era 50, mentre nel 2012 era 82, nonostante il PIL crescesse a sua volta, senza contare che la Germania non mette in bilancio cifre enormi, utilizzando la loro cassa depositi e prestiti, cioè la KFW, se noi considerassimo anche quello vedremmo che il debito pubblico tedesco è raddoppiato...se noi uscissero dall'euro la nuova moneta svaluterebbe, si, se i tedeschi uscissero dall'euro la loro moneta rivaluterebbe, si, questo vuol dire che noi abbiamo una moneta troppo forte e loro una troppo debole, la moneta forte fa si che diventa più semplice acquistare beni Esteri e quindi è una comodità ma crea disoccupazione. Se noi stessi non compriamo i nostri beni perché non sonno convenienti per noi, come possiamo pensare che lo facciano gli altri. I tedeschi hanno il problema opposto, trovano troppo caro comprare beni Esteri, ma i loro beni sono molto convenienti per tutti gli altri, quindi la Germania e' diventata una macchina da esportazione...Questa sua moderata crescita (si riferisce alla Germania, perché non è straboccante, gli consente di bacchettare i paesi del sud. Noi siamo in una squadra dove l'attaccante fa gol nella propria porta, lui sale nella classifica dei cannonieri, ma la squadra perde. Se io impianto un'impresa in Italia ma il mio prodotti è fuori prezzo io non lo vendo. Se gli strumenti per agire a degli shock ci sono inibiti, perché non possiamo svalutare, non possiamo stampare moneta, non prossimo andare a debito o a deficit, poi dopo ci chiediamo cosa è aperto a fare il parlamento. È siccome più Europa non è probabile allora ci dobbiamo preparare a decisioni drastiche." Come dargli torto, sperare che dopo aver firmato degli accordi capestro, i paesi, che più si avvantaggiano di questi accordi, accettino benevolmente di cambiarli a loro sfavore, mi sembra un pò troppo ottimistico.
Il successivo intervento, vede come protagonista un beniamino dell'euroscetticismo, il Prof. Alberto Bagnai, che ormai non ha più bisogno di presentazioni, a seguire il suo intervento completo.


Il Prof. Bagnai è colui che ha coniato il termine "LUOGOCOMUNISMO", che così bene rende il cumulo di banalità  onnipresenti sui mezzi di informazione istituzionali. Uno tra tutti è che i paesi debitori si trovano nella situazione attuale per loro unica responsabilità, come se non ci fosse chi ha prestato a rischio a fronte di chi si trova in debito. Come fa notare il Prof. Bagnai, la situazione dei paesi debitori era talmente sovraesposta, che le banche creditrici, non potevano non essersene accorte, vedi il caso Grecia, che molto prima che la situazione esplodesse, campava ormai quasi solo di prestiti, visto che il suo settore manifatturiero ha "ceduto le armi al nemico" ormai da tempo, cosa che peraltro sta accadendo anche agli assett strategici Italiani inesorabilmente, sempre se la nostra politica non ci mette un freno. Inoltre fa notare Bagnai che questi paesi avevano"...squilibri esterni nell'ordine di 15 punti di PIL, che venivano puntualmente tollerati per due motivi: perché entrando nell'euro questi paesi avevano acquistato credibilità... e poi i soldi veniva o utilizzati per alimentare un certo tipo di spese che tornavano in profitto dei paesi del nord. Però i debitori sono cattivi e i creditori sono buoni, per cui alla fine i creditori dettano le regole anche se sono stati quelli che non hanno prestato oculatamente....Tutta la storia dell'entrata dell'Italia nell'integrazione europea a partire dallo SME, è la storia di un paese, che ha utilizzato la politica del cambio al posto della politica industriale e dei redditi per motivi buoni e cattivi. La disciplina del cambio forte rende facile importare ma rende difficile esportare, questo ha effetti sulle imprese e sui lavoratori, l'idea moralista che si aveva era che, rendendo alle imprese difficile esportare, queste sarebbero state costrette a ottimizzare i processi produttivi, lo Stato non interveniva con delle politiche per favorire i network di imprese, per infrastrutturare i territori, ecc. ma interveniva per spingere le imprese piccole e medie, che negli anni '80 sono state considerate l'ossatura del sistema economico del paese, a diventare grandi imprese, quindi il sistema monetario era teso a sfavorire le PMI vocate all'esportazione, in termini di prezzo sui mercati Esteri...". Quando un paese si vuole ostinatamente fare del male! Noi abbiamo una PMI competitiva ed efficiente, basterebbe assecondarla, i nostri governi invece si ostinano a copiare malamente gli altri contesti economici, imponendole di crescere suo malgrado. Ma da noi si ragiona così, "l'erba del vicino è sempre più verde".Continuiamo ora coll'intervento di Bagnai "...ogni regola europea è fatta per una scala industriale enorme, vista come necessariamente positiva a danno di una scala industriale ridotta vista come necessariamente negativa. Che l'euro sia stato in primo luogo il manganello con cui si sono volute costringere le PMI a ingrandirsi, è nelle ammissioni degli autori di questo processo, Prodi sul "Messaggero"del 27 Agosto 2013 parlava di una politica industriale vista nel senso di fondere le PMI...la politica del cambio è stata usata anche come politica dei redditi, teoria di Giavazzi e Pagano, se leghi il tuo tasso di cambio a un paese che per qualche motivo ha un inflazione inferiore alla tua ed a te i prezzi crescono di più, diventi meno competitivo e quindi il lavoratore della tua azienda si trova di fronte a un bivio, o accetta di farsi pagare di meno o accetta di perdere il posto di lavoro..." (moderazione salariale forzosa per così dire, e siccome la Germania ha introdotto i MINI JOBS, creando tra l'altro un forte impoverimento della media della popolazione, lo dobbiamo fare anche noi) ed inoltre "...Negli anni 70-80 l'instabilità politica era di casa, ma si cresceva al ritmo del 3%, oggi chi è al governo ci dice che l'instabilità politica ha un costo in termini di crescita, in chiave storica non c'è questo grande riscontro, ma nel momento che un governo si propone di intraprendere un programma di riforme, il fatto che ci sia un instabilità politica può suggerire di ricorrere all'ancoraggio determinato da regole europee..." e iniziamo a vederci un pò più chiaro sulle reali motivazioni dell'introduzione della moneta unica, ma non è finita qui. La moneta unica non è stata creata come molti economisti affermano per facilitare il commercio, evitando i rischi legati al cambio infatti Bagnai ci fa notare che ragionando sul rischio di cambio e transazioni commerciali, che vengono regolate a 30 -60 mesi "...esistono strumenti finanziari efficienti per difendersi efficacemente da questi intervalli temporali. Cambio fisso non favorisce particolarmente il commercio e il cambio flessibile non lo sfavorisce particolarmente. Quando crollò il sistema di Bretton Woods, tutti dissero che sarebbe stata una catastrofe e che il commercio sarebbe collassato, nel libro ("Il tramonto dell'euro") c'è un grafico del commercio mondiale dal 40 ad oggi, non si percepisce il momento di crollo di Bretton Woods, non c'è stata neppure un increspatura, i cambi a termine hanno sempre consentito alle persone di scambiarsi beni senza problemi. Provate invece a prestare capitali a 5-6 anni, lì si che proteggersi dal rischio è molto più difficile. Lì si che l'abolizione del rischio di cambio diventa cruciale, cioè quando vuoi far muovere non le merci ma i capitali...". Questa è la pura realtà, l'euro è stato creato e voluto per far circolare più agevolmente i CAPITALI che le MERCI. Quando il reddito medio pro-capite di un paese è vistosamente inferiore di quello di un latro paese, facile che i capitali si travasino da quello a questo, ma con quali conseguenze? Ci risponde Bagnai "...Quando i movimenti di capitale vengono favoriti senza regole è probabile che si inneschi un processo esplosivo, per cui un paese inizialmente assorbe questi capitali Esteri per finanziare il proprio sviluppo, ma poi, dato che il credito diventa accessibile e a buon mercato, lo usa anche per comprare beni di consumi e si passa dal finanziare un infrastruttura a comprare il quarto SUV tedesco, che ai tedeschi fa molto piacere infatti ti prestano i soldi per farlo, ma se poi c'è uno shock che mette sotto stress il sistema finanziario succede che tu hai delle rate da pagare e ti cominciano a scarseggiare i soldi echi ti ha fatto credito ha bisogno di riavere subito i tuoi soldi e non può essere tanto gentile con te..." e non sono stati gentili per niente se si considera che si son fatti finanziare da altri paesi, come l'Italia, i debiti di chi non riusciva a pagare (ricordate il MES, credo di si), peggiorando la nostra situazione, ancor più di quanto non hanno fatto con i loro debitori, che comunque adesso sono debitori anche del fondi "Salva Stati", a tassi estremamente consistenti e poi ci faremo "due risate" quando dovranno restituire. Insomma un'ecatombe! Ma parliamo del luogo comune più comune, se mi perdonate il gioco di parole, cioè non è stato l'euro a creare i problemi italiani perché i problemi dell'Italia iniziano prima (riporto il discorso di Bagnai fatto durante il suo intervento, senza commenti, perché efficacissimo) "...analizziamo lo scarto del reddito pro-capite italiano e quello della media dell'UE (15 paesi, non ho preso la media dell'euro zona, ma è più o meno la stessa), vedrete che il reddito pro-capite italiano ha avuto un recupero durante gli anni '70 poi ha galleggiato a più o meno 1000 euro sotto la media dell'UE fino al '96, e poi ha cominciato a cadere in caduta libera, allontanandosi dalla media europea, nel '96 prima dell'euro è iniziato un progressivo costante inarrestabile impoverimento dei cittadini del nostro paese (dati AMECO). Quindi prima dell'euro, l'euro comincia nel 99... Guardiamo gli indici della produttività media del lavoro i Italia, in confronto con la Germania, negli anni 70-80 la produttività italiana e tedesca crescevano allo stesso ritmo, (questo è un indice non vuol dire che un italiano e un tedesco producevano la stessa quantità di valore aggiunto nei loro rispettivi paesi, vuol dire che la crescita della produttività, che è quella che poi è legata alla crescita delle retribuzioni, era uguale) ed anche qui nel '97 la crescita della produttività italiana si appiattisce e quella della produttività tedesca continua. In quell'anno deve esse successo qualcosa. È successo che effettivamente per noi l'euro inizia in quell'anno, dopo un massimo di svalutazione della lira sull'ECU nel 1996. Nel '96 noi abbiamo bruscamente rivalutato e ci siamo agganciati all'ECU, a un tasso sostanzialmente simile a quello che poi ci vorrebbe accompagnato nell'euro , cioè 1936,27 lire. Noi abbiamo visto che c'è un problema di inizio relativo del declino del reddito italiano, che è legato a un inizio del declino della produttività italiana, nel '96 ci agganciamo per la prima volta a quella che sarebbe stata la futura parità con la valuta "paniere europea" quindi di fatto è l'anno in cui in termini commerciali entriamo nell'euro. C'è una spiegazione economica che lega questi fatti, le teorie keinesyane che dicono che la domanda, in particolare quella componente di domanda che sono le esportazioni, può avere uno stimolo sulla produttività, il calo della produttività che si registra dopo la rivalutazione del '96 può essere spiegato da modelli semplici come conseguenza del fatto che c'è stato un crollo delle esportazioni, (che c'è stato effettivamente), sono entrate in sofferenza le aziende (ed è successo), e questo ha avuto un impatto negativo sulla produttività e ha attivato un circolo perverso che ha messo l'Italia su un equilibrio peggiore di quello in cui si trovava prima..."
In conclusione parliamo dell'ultimo luogo comune sempre presente nei dibattiti e nei talk show, il mercato italiano del lavoro non è abbastanza flessibile e lascio la parola al Prof. Bagnai: "Per quanto riguarda le riforme del mercato del lavoro, queste sono state fatte, con la riforma TREU, infatti se si osserva l'indicatore della rigidità del mercato del lavoro, si parte con un mercato del lavoro più rigido della Germania e nel giro di un decennio si arriva ad un mercato del lavoro più flessibile di quello tedesco. Per cui quando ad Agosto 2011 arriva la lettera della BCE, che dice che abbiamo bisogno di ulteriore flessibilità del lavoro, molti economisti sapevano che non era vero, e sapevano che la flessibilità è anche un'arma a doppio taglio, molti studi recenti chiariscono che la flessibilità del lavoro se diventa precarizzazione ha due effetti negativi, il primo è sull'accumulazione di capitale umano perché il lavoratore che passa da un'azienda all'altra da un compito all'altro, che mette insieme contratti senza crescere con l'azienda evidentemente sarà meno diligente di un lavoratore che vive in un contesto più stabile e questa relazione negativa tra flessibilità e produttività è accertata da studi di economisti come Francesco Daverio, della Bocconi dell'università di Parma. Poi la flessibilità la fai per ridurre il costo del lavoro. L'impresa ha un vincolo esterno nell'esportare, gli viene reso più difficile esportare, ma ti allento il vincolo interno permettendoti di pagare di meno i lavoratori, ma c'è un problema perché il mercato interno collassa, e si crea disoccupazione. L'ISTAT ci ha fatto presente che la decrescita del PIL non sarà -1,3 ma quasi -2 e siamo al secondo -2 consecutivo, quindi alla fine dei quest'anno il reddito pro-capite italiano sarà lo stesso che avremmo avuto alla fine del '97 a parità di potere d'acquisto e cioè tenendo conto che c'è stata inflazione nel frattempo. Gli italiani oggi hanno una capacità di spesa che è quella di più di 15 anni fa e adesso molti imprenditori cominciano a capire che questo non gli è convenuto. Ci sono tanti tipi di imprese italiane, grande e piccola, che esporta e che vende nel mercato interno, quelli che hanno profittato della flessibilità e quelli che invece no, quelli che hanno tratto vantaggi dal cambio forte e chi ha tratto svantaggi, però i dati individuano nell'adozione del cambio irrevocabile uno snodo importante nel de link del nostro paese. Una circolazione di capitali avrebbe potuto essere utile se fosse stata controllata meglio. C'è chi dice che la colpa è della corruzione, quindi vuol dire che prima del '96 eravamo tutti puri e poi siamo diventati tutti corrotti, ma non è così. Il declino relativo rispetto all'Europa è iniziato nel '96 . Qualcuno dice che la colpa e' della burocrazia, idem come sopra. Qualcuno dice che la colpa è delle piccole dimensioni dell'azienda italiana, come se ne '96 non ci fossero piccole aziende. I costi sono quelli di esser diventati molto più poveri ed essere costretti ad acquistare il latte nei paesi dove costa meno, con effettivi problemi della nostra bilancia di pagamenti. Si sta promuovendo un fenomeno molto preoccupante: la svendita delle aziende italiane, che devono accettare offerte che se avessero dei conti più floridi potrebbero tranquillamente rifiutare, e i nostri migliori marchi (per approfondire, da GOOFYNOMICS questo link http://goofynomics.blogspot.it/2013/09/smoke-sales.html) stanno passando in mano estera, stiamo cedendo a capitalisti stranieri il nostro posizionamento su mercati emergenti, la nostra immagine di eccellenza , la nostra tecnologia. Noi abbiamo una meccanica di precisione e tante cose che avremmo dovuto difende. Nel resto del mondo si sono comprate le cose migliori, molti marchi della moda , molti marchi nella meccanica di precisione . Il presidente Prodi il 17 agosto scorso ha detto che questo è preoccupante perché il rilancio della crescita del Made in Italy vuol dire che queste aziende fanno profitti che se ne vanno all'estero, la cura secondo lui è favorire ulteriori afflussi di investimenti Esteri." Il problema della cessione di asset strategici in Italia è sempre più evidente con l'andare avanti della crisi, la lista di aziende contenute nel blog di Bagnai ci dà una misura del problema, dal 2009 al 2013 sono 363 le aziende italiane acquisite, per un controvalore di circa 47 miliardi di euro, da imprenditori/fondi d’investimento/fondi sovrani e questo è a dir poco eclatante!

Dopo questa parte mancano solo due relazioni, che saranno inserir nel prossimo e ultimo articolo della serie. Probabilmente a livello temporale passerà non più di una settimana per completare la relazione di questa conferenza. Sotto trovate il link del primo articolo, se già non lo avete letto.

Link della prima parte: http://euroscettici.blogspot.it/2013/09/asimmetrie-leuropa-della-resa-dei-conti.html

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