Abbasso le politiche di rigore! l'unico modo di ricominciare a crescere è quello di aumentare il DEFICIT. ma i paesi forti dell'Europa non ce lo permetteranno MAI, allora l'unico modo di sopravvivere per noi e per tutto gli altri paesi considerati economicamente deboli è tornare a una MONETA NAZIONALE!

martedì 24 settembre 2013

a/simmetrie: L'Europa della resa dei conti - Roma il 12/09/13 (parte2 di 3)

...(continua)


Continuiamo a parlare della conferenza "L'Europa della resa dei conti", tenutasi a Roma il 12 di questo mese, con l'intervento del Prof. Claudio Borghi Aquilini, Docente di Economia degli Intermediari Finanziari presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, di cui a seguire posto il link dell'intervento integrale:


L'intervento del prof. Borghi è stato come al solito succinto, ma di spessore. Nel fare l'esempio dell'entrata di Cipro nell'U.E. ha ben chiarito tutte le anomalie di una visione del tutto univoca di quali sono i problemi dei paesi Europei e delle loro eventuali soluzioni. Rimando al video per l'ascolto completo di un esilarante documento dell'U.E., per salutare l'entrata di Cipro. Del resto, come ci ha ben riferito il Prof. Borgi, l'isola di Cipro è divisa in due, non c'è solo la parte che è entrata nell'Unione, ma anche la parte di Cipro del Nord, ufficialmente Repubblica Turca di Cipro del Nord, è una repubblica auto-proclamata e non riconosciuta dalla comunità internazionale che si estende nella zona settentrionale dell'isola di Cipro dal 1983, nelle zone controllate dall'esercito turco. operazione militare del 1974.Bene, a quanto pare quest parte dell'isola ha risentito molto meno della crisi economica, tanto che solo la parte dove è stata introdotta la moneta unica, ha subito la chiusura e relativo esproprio del conti correnti.
Le sconcertanti insensatezze, che circolano sull'eventuale uscita dalla moneta unica, ormai non sconvolgono più nessuno, o perlomeno non sconvolgono coloro che non si servono dei canali istituzionali di informazione, ma che spaziano sul web, il Prof. Borghi ne ha citate due o tre delle più frequentati, la benzina che aumenterebbe 70 volte 7 (magari ciò che sfugge a chi non segue la c.d. "controinformazione" è che dal 2011 le accise sulla benzina sono aumentate 7 volte e questa è una notizia confermata e queste rappresentano €. 1,05 circa sul prezzo totale, quindi più del 50%, a causa ovviamente dell'espropriazione del nostro paese della sua politica fiscale, ma questo ormai è storia), oppure che le materie prime cresceranno talmente di prezzo da costringere le aziende a compiere politiche di prezzo tali da uscire dal mercato (ai soliti sfugge che questo già accade a causa della moneta unica, che ci ci impedisce di fare svalutazioni competitive, inoltre visto che a causa del tetto di deficit imposto dall'UE ci hanno anche espropriato della politica fiscale nazionale, non possiamo neppure compensare con eventuali abbattimenti fiscali di accise o tasse sull'impresa o fare deficit, cosa che potremmo tranquillamente fare con una moneta nazionale), oppure il più conosciuto e rinomato, cioè che la crisi ha colpito i paesi con debito pubblico alto e su questo lascio parlare direttamente Borghi: "Ma se ha Cipro che ha 0 debito pubblico è successo quello che è successo, vi verrà il sospetto che il debito pubblico non conta nulla, dal punto di vista della genesi della crisi. Se il Giappone, con il 220-230 di PIL continua a fare le sue politiche, quelle che ci sono negate con qualche successo, evidentemente il problema non è nel debito pubblico. I paesi che hanno avuto maggiori problemi con la crisi sono stati quelli che avevano poco debito pubblico, Irlanda, non aveva debito pubblico, Grecia, Portogallo,Spagna. Fermiamoci su un dato, quando i cambi sono stati fissati nel 96-97, il debito PIL italiano era 120, nel 2012 era comunque 120, nel 97 il debito PIL della Germania era 50, mentre nel 2012 era 82, nonostante il PIL crescesse a sua volta, senza contare che la Germania non mette in bilancio cifre enormi, utilizzando la loro cassa depositi e prestiti, cioè la KFW, se noi considerassimo anche quello vedremmo che il debito pubblico tedesco è raddoppiato...se noi uscissero dall'euro la nuova moneta svaluterebbe, si, se i tedeschi uscissero dall'euro la loro moneta rivaluterebbe, si, questo vuol dire che noi abbiamo una moneta troppo forte e loro una troppo debole, la moneta forte fa si che diventa più semplice acquistare beni Esteri e quindi è una comodità ma crea disoccupazione. Se noi stessi non compriamo i nostri beni perché non sonno convenienti per noi, come possiamo pensare che lo facciano gli altri. I tedeschi hanno il problema opposto, trovano troppo caro comprare beni Esteri, ma i loro beni sono molto convenienti per tutti gli altri, quindi la Germania e' diventata una macchina da esportazione...Questa sua moderata crescita (si riferisce alla Germania, perché non è straboccante, gli consente di bacchettare i paesi del sud. Noi siamo in una squadra dove l'attaccante fa gol nella propria porta, lui sale nella classifica dei cannonieri, ma la squadra perde. Se io impianto un'impresa in Italia ma il mio prodotti è fuori prezzo io non lo vendo. Se gli strumenti per agire a degli shock ci sono inibiti, perché non possiamo svalutare, non possiamo stampare moneta, non prossimo andare a debito o a deficit, poi dopo ci chiediamo cosa è aperto a fare il parlamento. È siccome più Europa non è probabile allora ci dobbiamo preparare a decisioni drastiche." Come dargli torto, sperare che dopo aver firmato degli accordi capestro, i paesi, che più si avvantaggiano di questi accordi, accettino benevolmente di cambiarli a loro sfavore, mi sembra un pò troppo ottimistico.
Il successivo intervento, vede come protagonista un beniamino dell'euroscetticismo, il Prof. Alberto Bagnai, che ormai non ha più bisogno di presentazioni, a seguire il suo intervento completo.


Il Prof. Bagnai è colui che ha coniato il termine "LUOGOCOMUNISMO", che così bene rende il cumulo di banalità  onnipresenti sui mezzi di informazione istituzionali. Uno tra tutti è che i paesi debitori si trovano nella situazione attuale per loro unica responsabilità, come se non ci fosse chi ha prestato a rischio a fronte di chi si trova in debito. Come fa notare il Prof. Bagnai, la situazione dei paesi debitori era talmente sovraesposta, che le banche creditrici, non potevano non essersene accorte, vedi il caso Grecia, che molto prima che la situazione esplodesse, campava ormai quasi solo di prestiti, visto che il suo settore manifatturiero ha "ceduto le armi al nemico" ormai da tempo, cosa che peraltro sta accadendo anche agli assett strategici Italiani inesorabilmente, sempre se la nostra politica non ci mette un freno. Inoltre fa notare Bagnai che questi paesi avevano"...squilibri esterni nell'ordine di 15 punti di PIL, che venivano puntualmente tollerati per due motivi: perché entrando nell'euro questi paesi avevano acquistato credibilità... e poi i soldi veniva o utilizzati per alimentare un certo tipo di spese che tornavano in profitto dei paesi del nord. Però i debitori sono cattivi e i creditori sono buoni, per cui alla fine i creditori dettano le regole anche se sono stati quelli che non hanno prestato oculatamente....Tutta la storia dell'entrata dell'Italia nell'integrazione europea a partire dallo SME, è la storia di un paese, che ha utilizzato la politica del cambio al posto della politica industriale e dei redditi per motivi buoni e cattivi. La disciplina del cambio forte rende facile importare ma rende difficile esportare, questo ha effetti sulle imprese e sui lavoratori, l'idea moralista che si aveva era che, rendendo alle imprese difficile esportare, queste sarebbero state costrette a ottimizzare i processi produttivi, lo Stato non interveniva con delle politiche per favorire i network di imprese, per infrastrutturare i territori, ecc. ma interveniva per spingere le imprese piccole e medie, che negli anni '80 sono state considerate l'ossatura del sistema economico del paese, a diventare grandi imprese, quindi il sistema monetario era teso a sfavorire le PMI vocate all'esportazione, in termini di prezzo sui mercati Esteri...". Quando un paese si vuole ostinatamente fare del male! Noi abbiamo una PMI competitiva ed efficiente, basterebbe assecondarla, i nostri governi invece si ostinano a copiare malamente gli altri contesti economici, imponendole di crescere suo malgrado. Ma da noi si ragiona così, "l'erba del vicino è sempre più verde".Continuiamo ora coll'intervento di Bagnai "...ogni regola europea è fatta per una scala industriale enorme, vista come necessariamente positiva a danno di una scala industriale ridotta vista come necessariamente negativa. Che l'euro sia stato in primo luogo il manganello con cui si sono volute costringere le PMI a ingrandirsi, è nelle ammissioni degli autori di questo processo, Prodi sul "Messaggero"del 27 Agosto 2013 parlava di una politica industriale vista nel senso di fondere le PMI...la politica del cambio è stata usata anche come politica dei redditi, teoria di Giavazzi e Pagano, se leghi il tuo tasso di cambio a un paese che per qualche motivo ha un inflazione inferiore alla tua ed a te i prezzi crescono di più, diventi meno competitivo e quindi il lavoratore della tua azienda si trova di fronte a un bivio, o accetta di farsi pagare di meno o accetta di perdere il posto di lavoro..." (moderazione salariale forzosa per così dire, e siccome la Germania ha introdotto i MINI JOBS, creando tra l'altro un forte impoverimento della media della popolazione, lo dobbiamo fare anche noi) ed inoltre "...Negli anni 70-80 l'instabilità politica era di casa, ma si cresceva al ritmo del 3%, oggi chi è al governo ci dice che l'instabilità politica ha un costo in termini di crescita, in chiave storica non c'è questo grande riscontro, ma nel momento che un governo si propone di intraprendere un programma di riforme, il fatto che ci sia un instabilità politica può suggerire di ricorrere all'ancoraggio determinato da regole europee..." e iniziamo a vederci un pò più chiaro sulle reali motivazioni dell'introduzione della moneta unica, ma non è finita qui. La moneta unica non è stata creata come molti economisti affermano per facilitare il commercio, evitando i rischi legati al cambio infatti Bagnai ci fa notare che ragionando sul rischio di cambio e transazioni commerciali, che vengono regolate a 30 -60 mesi "...esistono strumenti finanziari efficienti per difendersi efficacemente da questi intervalli temporali. Cambio fisso non favorisce particolarmente il commercio e il cambio flessibile non lo sfavorisce particolarmente. Quando crollò il sistema di Bretton Woods, tutti dissero che sarebbe stata una catastrofe e che il commercio sarebbe collassato, nel libro ("Il tramonto dell'euro") c'è un grafico del commercio mondiale dal 40 ad oggi, non si percepisce il momento di crollo di Bretton Woods, non c'è stata neppure un increspatura, i cambi a termine hanno sempre consentito alle persone di scambiarsi beni senza problemi. Provate invece a prestare capitali a 5-6 anni, lì si che proteggersi dal rischio è molto più difficile. Lì si che l'abolizione del rischio di cambio diventa cruciale, cioè quando vuoi far muovere non le merci ma i capitali...". Questa è la pura realtà, l'euro è stato creato e voluto per far circolare più agevolmente i CAPITALI che le MERCI. Quando il reddito medio pro-capite di un paese è vistosamente inferiore di quello di un latro paese, facile che i capitali si travasino da quello a questo, ma con quali conseguenze? Ci risponde Bagnai "...Quando i movimenti di capitale vengono favoriti senza regole è probabile che si inneschi un processo esplosivo, per cui un paese inizialmente assorbe questi capitali Esteri per finanziare il proprio sviluppo, ma poi, dato che il credito diventa accessibile e a buon mercato, lo usa anche per comprare beni di consumi e si passa dal finanziare un infrastruttura a comprare il quarto SUV tedesco, che ai tedeschi fa molto piacere infatti ti prestano i soldi per farlo, ma se poi c'è uno shock che mette sotto stress il sistema finanziario succede che tu hai delle rate da pagare e ti cominciano a scarseggiare i soldi echi ti ha fatto credito ha bisogno di riavere subito i tuoi soldi e non può essere tanto gentile con te..." e non sono stati gentili per niente se si considera che si son fatti finanziare da altri paesi, come l'Italia, i debiti di chi non riusciva a pagare (ricordate il MES, credo di si), peggiorando la nostra situazione, ancor più di quanto non hanno fatto con i loro debitori, che comunque adesso sono debitori anche del fondi "Salva Stati", a tassi estremamente consistenti e poi ci faremo "due risate" quando dovranno restituire. Insomma un'ecatombe! Ma parliamo del luogo comune più comune, se mi perdonate il gioco di parole, cioè non è stato l'euro a creare i problemi italiani perché i problemi dell'Italia iniziano prima (riporto il discorso di Bagnai fatto durante il suo intervento, senza commenti, perché efficacissimo) "...analizziamo lo scarto del reddito pro-capite italiano e quello della media dell'UE (15 paesi, non ho preso la media dell'euro zona, ma è più o meno la stessa), vedrete che il reddito pro-capite italiano ha avuto un recupero durante gli anni '70 poi ha galleggiato a più o meno 1000 euro sotto la media dell'UE fino al '96, e poi ha cominciato a cadere in caduta libera, allontanandosi dalla media europea, nel '96 prima dell'euro è iniziato un progressivo costante inarrestabile impoverimento dei cittadini del nostro paese (dati AMECO). Quindi prima dell'euro, l'euro comincia nel 99... Guardiamo gli indici della produttività media del lavoro i Italia, in confronto con la Germania, negli anni 70-80 la produttività italiana e tedesca crescevano allo stesso ritmo, (questo è un indice non vuol dire che un italiano e un tedesco producevano la stessa quantità di valore aggiunto nei loro rispettivi paesi, vuol dire che la crescita della produttività, che è quella che poi è legata alla crescita delle retribuzioni, era uguale) ed anche qui nel '97 la crescita della produttività italiana si appiattisce e quella della produttività tedesca continua. In quell'anno deve esse successo qualcosa. È successo che effettivamente per noi l'euro inizia in quell'anno, dopo un massimo di svalutazione della lira sull'ECU nel 1996. Nel '96 noi abbiamo bruscamente rivalutato e ci siamo agganciati all'ECU, a un tasso sostanzialmente simile a quello che poi ci vorrebbe accompagnato nell'euro , cioè 1936,27 lire. Noi abbiamo visto che c'è un problema di inizio relativo del declino del reddito italiano, che è legato a un inizio del declino della produttività italiana, nel '96 ci agganciamo per la prima volta a quella che sarebbe stata la futura parità con la valuta "paniere europea" quindi di fatto è l'anno in cui in termini commerciali entriamo nell'euro. C'è una spiegazione economica che lega questi fatti, le teorie keinesyane che dicono che la domanda, in particolare quella componente di domanda che sono le esportazioni, può avere uno stimolo sulla produttività, il calo della produttività che si registra dopo la rivalutazione del '96 può essere spiegato da modelli semplici come conseguenza del fatto che c'è stato un crollo delle esportazioni, (che c'è stato effettivamente), sono entrate in sofferenza le aziende (ed è successo), e questo ha avuto un impatto negativo sulla produttività e ha attivato un circolo perverso che ha messo l'Italia su un equilibrio peggiore di quello in cui si trovava prima..."
In conclusione parliamo dell'ultimo luogo comune sempre presente nei dibattiti e nei talk show, il mercato italiano del lavoro non è abbastanza flessibile e lascio la parola al Prof. Bagnai: "Per quanto riguarda le riforme del mercato del lavoro, queste sono state fatte, con la riforma TREU, infatti se si osserva l'indicatore della rigidità del mercato del lavoro, si parte con un mercato del lavoro più rigido della Germania e nel giro di un decennio si arriva ad un mercato del lavoro più flessibile di quello tedesco. Per cui quando ad Agosto 2011 arriva la lettera della BCE, che dice che abbiamo bisogno di ulteriore flessibilità del lavoro, molti economisti sapevano che non era vero, e sapevano che la flessibilità è anche un'arma a doppio taglio, molti studi recenti chiariscono che la flessibilità del lavoro se diventa precarizzazione ha due effetti negativi, il primo è sull'accumulazione di capitale umano perché il lavoratore che passa da un'azienda all'altra da un compito all'altro, che mette insieme contratti senza crescere con l'azienda evidentemente sarà meno diligente di un lavoratore che vive in un contesto più stabile e questa relazione negativa tra flessibilità e produttività è accertata da studi di economisti come Francesco Daverio, della Bocconi dell'università di Parma. Poi la flessibilità la fai per ridurre il costo del lavoro. L'impresa ha un vincolo esterno nell'esportare, gli viene reso più difficile esportare, ma ti allento il vincolo interno permettendoti di pagare di meno i lavoratori, ma c'è un problema perché il mercato interno collassa, e si crea disoccupazione. L'ISTAT ci ha fatto presente che la decrescita del PIL non sarà -1,3 ma quasi -2 e siamo al secondo -2 consecutivo, quindi alla fine dei quest'anno il reddito pro-capite italiano sarà lo stesso che avremmo avuto alla fine del '97 a parità di potere d'acquisto e cioè tenendo conto che c'è stata inflazione nel frattempo. Gli italiani oggi hanno una capacità di spesa che è quella di più di 15 anni fa e adesso molti imprenditori cominciano a capire che questo non gli è convenuto. Ci sono tanti tipi di imprese italiane, grande e piccola, che esporta e che vende nel mercato interno, quelli che hanno profittato della flessibilità e quelli che invece no, quelli che hanno tratto vantaggi dal cambio forte e chi ha tratto svantaggi, però i dati individuano nell'adozione del cambio irrevocabile uno snodo importante nel de link del nostro paese. Una circolazione di capitali avrebbe potuto essere utile se fosse stata controllata meglio. C'è chi dice che la colpa è della corruzione, quindi vuol dire che prima del '96 eravamo tutti puri e poi siamo diventati tutti corrotti, ma non è così. Il declino relativo rispetto all'Europa è iniziato nel '96 . Qualcuno dice che la colpa e' della burocrazia, idem come sopra. Qualcuno dice che la colpa è delle piccole dimensioni dell'azienda italiana, come se ne '96 non ci fossero piccole aziende. I costi sono quelli di esser diventati molto più poveri ed essere costretti ad acquistare il latte nei paesi dove costa meno, con effettivi problemi della nostra bilancia di pagamenti. Si sta promuovendo un fenomeno molto preoccupante: la svendita delle aziende italiane, che devono accettare offerte che se avessero dei conti più floridi potrebbero tranquillamente rifiutare, e i nostri migliori marchi (per approfondire, da GOOFYNOMICS questo link http://goofynomics.blogspot.it/2013/09/smoke-sales.html) stanno passando in mano estera, stiamo cedendo a capitalisti stranieri il nostro posizionamento su mercati emergenti, la nostra immagine di eccellenza , la nostra tecnologia. Noi abbiamo una meccanica di precisione e tante cose che avremmo dovuto difende. Nel resto del mondo si sono comprate le cose migliori, molti marchi della moda , molti marchi nella meccanica di precisione . Il presidente Prodi il 17 agosto scorso ha detto che questo è preoccupante perché il rilancio della crescita del Made in Italy vuol dire che queste aziende fanno profitti che se ne vanno all'estero, la cura secondo lui è favorire ulteriori afflussi di investimenti Esteri." Il problema della cessione di asset strategici in Italia è sempre più evidente con l'andare avanti della crisi, la lista di aziende contenute nel blog di Bagnai ci dà una misura del problema, dal 2009 al 2013 sono 363 le aziende italiane acquisite, per un controvalore di circa 47 miliardi di euro, da imprenditori/fondi d’investimento/fondi sovrani e questo è a dir poco eclatante!

Dopo questa parte mancano solo due relazioni, che saranno inserir nel prossimo e ultimo articolo della serie. Probabilmente a livello temporale passerà non più di una settimana per completare la relazione di questa conferenza. Sotto trovate il link del primo articolo, se già non lo avete letto.

Link della prima parte: http://euroscettici.blogspot.it/2013/09/asimmetrie-leuropa-della-resa-dei-conti.html

mercoledì 18 settembre 2013

a/simmetrie: L'Europa della resa dei conti - Roma il 12/09/13 (parte1 di 3)

Come è diventata consuetudine di questo blog, ho intenzione di fare un riepilogo del Convegno tenutosi a Roma il 12 Settembre, che ha trattato i consueti temi di una ormai sempre più conosciuta Associazione, che prende vita dall'iniziativa del Prof. Alberto Bagnai, della facoltà di Economia di Pescara, e cioè l'associazione "a/simmetrie" (vedi blog a seguire http://www.asimmetrie.org/)

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L'associazione "a/simmetrie" si prefigge un arduo compito che è quello di analizzare appunto le asimmetrie economiche, per spiegare il concetto è più facile fare un esempio, l'introduzione della soluzione "austerity" per risolvere i problemi economici legati alla crisi, che oramai da 5 anni attanaglia ferocemente tutta l'EUROPA, è una soluzione adottata a causa di un'analisi asimmetrica del fenomeno "debito pubblico", si è voluto vedere solo le responsabilità in capo allo Stato debitore senza considerare che a fronte di chi ha contratto un debito, c'è anche un creditore che è stato poco accorto nel concederlo o magari in mala fede, poiché ha erogato il prestito, portando lo Stato in questione in una spirale di continui rinnovi  con conseguenti aumenti dell'interesse, nell'intenzione di incastrare l'incauto debitore in una spiarle di strozzinaggio e conseguente dominazione delle sue politiche economiche successive a uso e consumo dello stato debitore.

Sto seguendo con interesse gli studi di questa associazione, di cui vi invito caldamente ad andare a vedere il blog, e proprio a questo scopo questo articolo conterrà la relazione per sommi capi di una delle conferenza tenutosi dall'associazione nel corso di quest'anno.
Dopo i saluti di rito, che hanno compreso un comprensibile sfogo della Prof. Anna Morgante, Presidente della Scuola di Scienze Economiche, Aziendali, Giuridiche e Sociologiche dell’Università "G.d'Annunzio" di Chieti-Pescara, nei confronti di tutti coloro che nell'intento di sminuire il lavoro di Bagnai e di tutti quegli economisti come lui, che in quanto liberi pensatori e non legati a nessun gioco di potere, non riscuotono le simpatie delle lobby culturali, spacciano l'Università "G. D'Annuzio" per una succursale della bocciofila di Canicattì, il convegno si è aperto con l'intervento del Prof. Vincenzo Scotti, Presidente della "Link Campus University" di Roma, organizzatore insieme alla D'Annunzio del convegno, che ci ha spiegato che manca una visione d'insieme nell'UE, che impedisce nei localismi e relativi egoismi di parte di creare un vero progetto di integrazione tra nazioni , visioni antiquate che prevalgono su quelle più progressive, visto anche che le grandi Università e con esse la cultura economica di questo paese, restano legate a preconcetti che difficilmente si riesce a superare. E' possibile ascoltar l'intervento integrale quì di seguito:



E finalmente entriamo nel vivo dell'argomento con l'intervento del Prof . Alberto Bagnai, Docente di Politica Economica, Università "Gabriele d’Annunzio" di Chieti-Pescara, che spiega di cosa parla l'associazione "a/simmetrie", di cui abbiamo ampiamente parlato in precedenza. A seguire l'intervento completo.


La relazione introduttiva al convegno è stata fatta dal Prof. Paolo Savona, Emerito di Politica Economica presso l'Università LUISS Guido Carli di Roma, che entra subito in polemica con la posizione della Bocconi, paragonando l'Università "G. D'Annunzio" alla scuola di Chicago che si confrontò nella metà degli anni '70 con l'intellighenzia culturale economica dell'epoca di stampo keynesiano, a cui si contrapponevano le teoria dell'allora sconosciuto ai più Milton Friedman, con le sue teorie neoliberiste, mentre oggi accade il contrario. L'euro e l'Europa così come sono stati creati e perpetrati non piacciono al Prof. Savona e non ne ha fatto mistero. La via economica all'Europa è chiusa secondo Savona, che ha appena partecipato al simposio di Cernobbio appena finito, dove tutti gli interventi manifestavano la convinzione che la ripresa sia già ampiamente in atto, per cui le politiche fin'ora portate avanti,  sono state considerate più che adeguate e quindi che su questa falsa riga si debba continuare ulteriormente, inoltre  il capo dei consiglieri economici della Merkel ha dichiarato apertamente che la Germania neppure dopo le elezioni cambierà registro e manterrà rigidamente la sua precedente posizione. La sensazione per il Prof. Savona è stata che non ci sia spazio né per un futuro abbandono della moneta unica, né per  la possibilità di modificare la politica fiscale fin'ora considerata valida. unica speranza per l'uscita dalla moneta unica rimane quindi la via giuridica (che sarà poi meglio esplicitata dal successivo relatore Prof. Guarino), a confermare questa realtà è anche il fatto che anche il fronte tedesco favorevole a uscire dall'euro per la Germania (ovviamente non per gli stessi nostri motivi) si sta trasferendo alla via giuridica. 136 economisti tedeschi e uomini di cultura, guidati da Manfred Neuman, uno dei principali economisti tedeschi attuali, hanno firmato un documento dove si dichiara che l'OMT fatto da Mario Draghi, deve essere dichiarato incostituzionale, invitando la corte costituzionale tedesca a bollare questi interventi.
La via economica può essere ancora una utilizzata solo se, a parere di Savona, si creerà una ulteriore perdita di mercato nella filiera della PLASTICA, unica a crescere dell'8% a livello mondiale, quindi più dell'alluminio, e di tutte le materie prime, compreso il petrolio. Infatti in questo settore sta entrando prepotentemente la Cina, che ha acquisito un 21% a fronte del 20% di tutta l'Europa compresa la Germania, questo potrebbe portare per evitare di essere completamente scalzati dal settore, che le nazioni europee creino una vera unione, dove si ritorni a una politica industriale collettiva che porti alla fusione di settori come quello bancario, informatico, ecc. Oggi esistono 27 sistemi informatici, uno per ogni paese europeo e sono impossibili da integrare, lo stesso vale per quello bancario e alla via così. Altrimenti unica alternativa è cercare di uscire dalla moneta unica (con somma felicità di noi tutti), attraverso la via giuridica che nel prossimo intervento verrà meglio spiegata, ma consiglio anche un bell'articolo del blog di ORIZZONTE 48 (questo è il link: http://orizzonte48.blogspot.it/2013/09/non-si-puo-uscire-dalleuro-secondo-i.html)


Il prossimo intervento del Prof.Giuseppe Guarino, Emerito di Diritto Amministrativo presso l'Università degli Studi "La Sapienza" di Roma, inizia con  interessante riferimento a un monito di Obama fatto lo scorso anno, che parlò di come alla decadenza europea sono legati non solo gli Stati Uniti , ma anche la Cina. Se l'Europa non compra gli States sono in difficoltà perché è il secondo compratore dopo gli stessi Stati Uniti e la Cina, ma con minimo distacco, inoltre se l'Europa non compra dalla Cina, la Cina non compra dagli USA. Per cui l'effetto si trasmette a tutto il mondo.
Per il Prof. Guarino è essenziale capire la causa della depressione che ha colpito l'Europa, è la motivazione del fenomeno si può rilevare nell'analisi dei dati statistici di lungo periodo Europei. Nei "Pocket World In Figures 2013" dell'ECONOMIST sono presenti dati preoccupanti, nella classifica della crescita mondiale, mentre nel periodo tra 1990 e il 2000 nessun paese europeo era presente tra i paesi peggiori al mondo, nel successivo decennio ( 2000-2011) sono 13 i paesi Europei presenti. L'Italia è al terzultimo posto, la Germania al 10° e la Francia al 14°. Il mondo cresce al 4,5-5%, mentre i paesi Europei sono in 13 tra i peggiori al mondo in fatto di crescita (per approfondimento vedi anche questo articolo: http://glvart.blogspot.it/2013/02/il-pocket-world-in-figures-2013.html)
Oggi il mercato globalizzato corrisponde alla conquista del Far West in America, ma mentre dietro alla conquista del West c'era un governo politico a controllare questo sviluppo, si regolò chi era ammesso a partecipare e come,  il mercato globalizzato non ha controllo per cui se ci dovesse essere un tracollo del sistema (come del resto già c'è stato) questo diventa ingovernabile (come del resto è già successo) e l'Europa contribuisce a creare pericolo secondo il professore.
Il sistema Europea è nato da un contratto, tra i tre maggiori paesi Europei Francia, Italia e Germania, a cui si unirono America e Inghilterra. I tre paesi che dal 1950 al 1991 erano stati i primi nel mondo per crescita, la media di crescita dei 40 anni suddetti fu per l'Italia del 4,6%, la Francia lo stesso e la Germania del 4,05% (notare che dopo l'entrata nell'euro invece ci hanno superato gradualmente), questi paesi hanno rinunciato non solo alla sovranità monetaria ma anche anche alla regolamentazione della disciplina interna (è dimostrato che le direttive di diretta applicazione nei vari paesi ormai sono la maggioranza). All'epoca sugli orientamenti prevalse Monnet su Skinnet, orientamento che considerava l'Europa non ancora pronta per un'unione compiuta quindi si cominciò a creare le istituzioni europee una dietro l'altra con l'intento successivo di dare una sistemazione organica. Dopo gli shock petroliferi però la finanza internazionale perse corpo e i paesi furono costretti ad arginare l'instabilità dei cambi con l'introduzione della proposta Barr, che ha gettato i presupposti per la futura unione monetaria, in fatti prevedeva nel 1990 la chiusura della procedura e l'introduzione della moneta unica. La cosa importante da rilevare con forza è che il contratto su cui si fonda l'Unione Europa si stabilisce la rinuncia all'autonomia dei singoli in forza di una certezza di crescita futura, armoniosa e sostenibile. Il presupposto della crescita è IMPRESCINDIBILE per il rispetto dei trattati, altrimenti la stessa UNIONE EUROPEA diventa inutile. Nel momento in cui la presenza di una moneta unica non garantisce più il presupposto della crescita, non ha senso di esistere neppure più il trattato e dopo l'introduzione dell'euro la crescita nei paesi che l'hanno adottato si è rallentata fino a fermarsi negli ultimi anni, con l'arrivo della crisi economica. La disciplina comune fu rappresentata da quella degli STATI c.d. SENZA DEROGA (sarebbero gli stati migliori, che hanno passato l'esame a pieni voti, i più forti), con pari dignità di quelli c.d. CON DEROGA (cioè gli Stati più deboli, liberati per questo dagli adempimenti più gravosi). L'obiettivo della crescita fu lasciato agli Stati membri perché l'Unione non aveva mezzi propri, ma viveva di mezzi fornitigli da questi, infatti i Fondi EUROPEI a disposizione degli Stati membri sono meno di quello che hanno versato per creare l'Unione,  nei fondi concessi sono presenti  anche le spese di creazione dell'Unione e i fondi messi a disposizione per i paesi più deboli. Come realizzare l'obiettivo della crescita è una decisione che spetta al singolo Stato, sulla base della propria POLITICA ECONOMICA (specificato dall'art. 102 del trattato di Maastricht). Lo Stato ha diritto ad avere una propria politica economica in quanto con essa produce crescita contribuendo così all'Unione e fornendogli i fondi. Unico strumento rimasto allo Stato (che non possiede più la possibilità di fare manovre sui cambi, ne manovrare la propria moneta, non può fare inflazione controllata o dare aiuti alle imprese per specifica disciplina del trattato) per adempiere all'obiettivo primario dell'Unione è l'INDEBITAMENTO (nella misura del 3% di deficit annuale e 60% di debito totale massimo come previsto dall'art. 104/c del trattato)
Inoltre il Professore fa notare che l'euro che oggi è stato adottato dai vari paesi non è l'euro che era stato previsto dai trattati ( di Maastricht prima e di Amsterdam poi e infine il trattato di Lisbona), ma quello descritto da un regolamento, il 1446/97 (indovinate chi è stato il commissario che ha firmato questo regolamento, si proprio lui MARIO MONTI), che poi è diventato il presupposto per il successivo regolamento denominato FISCAL COMPACT, che limitava l'unico strumento lasciato agli Stati membri dal Trattato di Maastricht per adempiere all'obiettivo primario dell'Unione, cioè la crescita, imponendo infatti il PAREGGIO di BILANCIO a medio termine (tra l'altro lo Stato non può decidere neppure i tempi del rientro perché come è noto è la Commissione Europa a decidere in quanto tempo lo stato deve raggiungere il suddetto pareggio) si elimina in questo modo l'ultimo strumento che viene lasciato agli Stati per poter contribuire alla crescita dell'Unione, cioè l'indebitamento, mettendo in discussione tutto il senso dei trattati. Per cui definire EURO questa moneta adottata dagli Stati è una truffa per via del fatto che si basa su un regolamento che è stato firmato 3 mesi prima del trattato di Amsterdam, che quindi abrogherebbe il suddetto regolamento e invece riafferma i principi del trattato di Maastricht. Senza contare che il pareggio di bilancio imposto, vanifica l'obiettivo di tutti i trattati che consiste nel favorire la crescita dei vari Stati, rendendo nullo qualsiasi patto.



....(continua)

martedì 10 settembre 2013

Le banche controllano l'informazione?

Dall'inizio della crisi tutti quelli come me che si definiscono EUROSCETTICI, si sono certo fatti questa domanda, sono dunque le banche (insieme al settore assicurativo, che comunque è ad esso strettamente collegato) a controllare l'informazione Italiana?
La domanda sorge spontanea perché, nonostante siano sempre di più le voci fuori campo che criticano apertamente l'EURO e gli accordi effettuati tra l'Italia e gli altri paesi Europei per formare l'Unione Europea, le testate di informazione istituzionali sembrano ancora ignorare la cosa e continuano a presentare l'U.E. come la panacea di tutti i mali Italiani, sono rimasti a dire la verità alcuni economisti non allineati, portabandiera di questi è il Prof. Bagnai, ma potremmo citare Borghi Aquilini, la Napoleoni, Antonio Maria Rinaldi, ecc e una pletora di blog indipendenti che non cito perché stanno diventando sempre più numerosi.
La risposta ho cercato di darla con questo articolo, che per carità non sarà esaustivo o completo nell'informazione ma cerca di fornire al lettore una serie di spunti di riflessione che lo porteranno magari in futuro ad approfondire ulteriormente l'argomento.
Chi sono i padroni dell'informazione Italiana?

Fonte LINKIESTA
      
Comincio dal gruppo RCS (Corriere della Sera per intenderci) non a caso perchè è il gruppo editoriale dove è più palese la presenza del settore bancario e assicurativo all'interno della proprietà (tra Mediobanca, Intesa San Paolo, Banco Popolare Società Cooperativa, UBS fiduciaria, Sinpar, Premafin (Unipol) e Assicurazioni Generali, hanno il 37,4% del capitale totale)
Senza contare le presenze nel CDA del gruppo (Franzo Grande Stevens, avvocato storico di casa Agnelli, ex vicepresidente Fiat e attualmente presidente della Fondazione San Paolo; Carlo Pesenti, consigliere di Italcementi, Unicredit, Italmobiliare e Mediobanca;  Jonella Ligresti, consigliere di Fondiaria, Italmobiliare e Mediobanca; Diego Della Valle, consigliere di Tod’s, Marcolin e Generali Assicurazioni; Renato Pagliaro, consigliere di Telecom Italia, Pirelli e Mediobanca;  Enrico Salza, consigliere di Intesa San Paolo; Raffaele Agrusti, consigliere di Assicurazioni Generali; Roberto Bertazzoni, consigliere di Mediobanca; e Claudio De Conto, di Pirelli Real Estate)
E' possibile che nelle testate appartenenti a questo gruppo possano passare informazioni che non sono gradite ai grandi attori della finanza di questo paese?

I grandi gruppi dell’editoria italiana
Fonte LINKIESTA
Il gruppo "l'Espresso" di proprietà di De Benedetti, (comprende testate come "la Repubblica, "L'Espresso" "Micromega", ecc), sembrerebbe avere poco a che fare con il settore finanza (a parte che De Benedetti è notoriamente la prima tessera del PD, che è il partito filo EURO per eccellenza), ma all'interno del suo CDA siedono ampie componenti di Confindustria, che notoriamente ha una forte dipendenza dal settore finanziario e non può prescindere da esso.


Fonte LINKIESTA
Il Gruppo "Il Sole 24 ore", di proprietà della Confidustria, presenta nel suo CDA copiose infiltrazioni (Luigi Abete, presidente di Bnl (gruppo Paribas), insieme al fratello Giancarlo (presidente della Figc) e consigliere anche della Tod’s di Diego Della Valle; Ennio Doris, che siede in Mediolanum della famiglia Berlusconi e in Mediobanca)

Il Messaggero di Roma, il Mattino di Napoli, il Gazzettino di Venezia e il Nuovo Quotidiano di Puglia sono editi dalla "Caltagirone Editore", di proprietà della famiglia Caltagirone, che ha addirittura le banche in famiglia infatti Francesco Gaetano Caltagirone è consigliere di Monte dei Paschi e di Generali Assicurazioni, mentre la sorella Azzurra è la attuale moglie di Pier Ferdinando Casini, il che spiega le posizioni filo bancarie dell'U.d.C.

Il Resto del Carlino di Bologna, la Nazione di Firenze e Il Giorno di Milano sono invece posseduti dalla "Poligrafici Editoriale", collegata a Telecom Italia, Generali Assicurazioni e Gemina attraverso Massimo Paniccia e Aldo Minucci; e attraverso Roberto Tunioli, Sergio Marchese e Giuseppe Lazzaroni alla Premafin (Unipol) della famiglia Ligresti.

Alla fine il gruppo editoriale meno infiltrato dalle banche, anche se da esse nessuno può prescindere è proprio il gruppo "Mondadori", diretto dalla famiglia Berlusconi.

In conclusione inserisco un link molto interessante dove si può trovare un schemino riassuntivo dei vari collegamenti tra imprese editoriali, finanza e grandi imprese, inserito in un'articolo (che è stato anche una delle fonti da cui ho preso le informazioni quì elencate) della rivista "paginauno". Vi consiglio di guardarlo con estrema calma e analizzarlo nel dettaglio, e vi lascio con una domanda aperta: può l'informazione italiana essere onesta e indipendente nella fruizione delle notizie?
http://www.rivistapaginauno.it/mappacontrollostampa.pdf

Non ho neppure toccato i collegamenti tra le grandi banche internazionali e l'informazione, perché richiederebbe un articolo a parte, ma per completezza di informazione vi posto un articolo veramente esemplificativo, che oltretutto spiega anche la ragione della scelta di Mario Monti, per guidare il governo tecnico tanto voluto dall'Unione Europea.
http://www.ecplanet.com/node/3312